Londra

La Lisson Gallery cacnella Ai Weiwei per un post su Israele

La galleria ha dichiarato che la decisione di non aprire la mostra è stata presa d'accordo con Ai: «Non è il caso di scatenare un dibattito che può essere caratterizzato come antisemita o islamofobo»
© CdT/archivio
Ats
15.11.2023 20:25

Una importante galleria di Londra ha messo in pausa una mostra di Ai Weiwei dopo un post, successivamente cancellato dall'artista, sulla guerra tra Israele e Hamas. «Sono stato cancellato», ha protestato il dissidente cinese dopo che il giornale The Art Newspaper aveva dato la notizia che la Lisson Gallery aveva deciso di rinviare a tempo indeterminato la rassegna che avrebbe dovuto aprire oggi.

Il messaggio su Twitter di Ai era in risposta a una domanda di un seguace: «Il senso di colpa legato alla persecuzione del popolo ebraico è stato, a volte, trasferito per compensare il mondo arabo. Dal punto di vista finanziario, culturale e dell'influenza mediatica, la comunità ebraica ha avuto una presenza significativa negli Stati Uniti. Il pacchetto annuale di aiuti di 3 miliardi di dollari a Israele è stato, per decenni, presentato come uno degli investimenti più preziosi mai fatti dagli Stati Uniti. Questa partnership è spesso descritta come un destino condiviso».

La galleria ha dichiarato che la decisione di non aprire la mostra è stata presa d'accordo con Ai: «Non è il caso di scatenare un dibattito che può essere caratterizzato come antisemita o islamofobo in un momento in cui tutti gli sforzi dovrebbero essere diretti a por fine alle tragiche sofferenze in Israele e nei territori Palestinesi».

Di ben altro parere l'artista che, in una dichiarazione a parte, ha affermato di esser stato «effettivamente cancellato» e ha invocato il diritto alla libertà di espressione: «A mio parere tutte le opinioni possono essere espresse, anche quando non sono corrette. Opinioni scorrette dovrebbero essere specialmente incoraggiate. Se la libertà di espressione dovesse esser limitata a un solo tipo di opinione diventerebbe un imprigionamento dell'espressione».

Nato a Pechino nel 1957, Ai ha sostenuto in passato la causa palestinese e nel 2016 si è recato a Gaza per girare il documentario Human Flows sulla crisi globale dei profughi presentato alla 74° Mostra Cinematografica di Venezia. Lo scultore e attivista è cresciuto nei campi di lavoro del nord-ovest della Cina dove il padre, il poeta Ai Qing, era stato mandato in esilio.

Per tutta la sua carriera, Ai ha criticato le autorità cinesi e difeso i diritti umani e nel 2011 ha passato 81 giorni agli arresti domiciliari in Cina, paese abbandonato per sempre quattro anni dopo, quando gli è stato restituito il passaporto.