Un'altra scossa ai Campi Flegrei, ma che cosa sta succedendo?

La scossa di terremoto, registrata stanotte alle 3.35 nella zona dei Campi Flegrei e avvertita fino a Napoli, 4.2 la magnitudo, è stata etichettata come «la più forte degli ultimi decenni». Così, almeno, ha detto l'Istituto italiano di geofisica e vulcanologia, l'INGV, secondo cui è in corso uno sciame sismico da ieri mattina. Gli epicentri sono stati localizzati nella zona dell'Accademia Solfatara, a Pozzuoli, e nel Golfo di Pozzuoli.
Per area dei Campi Flegrei si intende una vasta depressione, larga circa 14 chilometri, con vari centri vulcanici posti in quella che, comunemente, viene denominata caldera. A livello di popolazione, vi abitano 360 mila persone. Sebbene l'ultima, vera eruzione risalga al 1538 e, di riflesso, oggi non vi sia alcuna attività eruttiva, questo super-vulcano è «irrequieto» da oltre settant'anni. Lo dimostrano le fumarole, le sorgenti termali e, in ultima istanza, le scosse di terremoto. Terremoti che, tuttavia, secondo gli esperti sono riconducibili al bradisismo: il lento sollevamento o abbassamento del suolo, accompagnato dall'attività sismica. L'INGV, al riguardo, ha spiegato che dal 2005 a oggi il fenomeno si è intensificato. Al momento, è in atto un sollevamento del suolo. Lo scorso luglio ha raggiunto i 113 centimetri nell'area di Rione Terra.
Dati alla mano, gli scienziati ritengono poco probabile un'eruzione imminente del super-vulcano. La probabilità, infatti, è considerata relativamente bassa poiché non vi sono evidenze o prove di risalita di magma verso la superficie. Ne aveva parlato anche Francesca Bianco, ricercatrice presso l'INGV, dopo la scossa registrata lo scorso 22 settembre fra Pozzuoli e Napoli Ovest: «Nessuno dei dati indica che si tratti del precursore di un'eruzione prossima ad accadere». Detto questo, l'INGV ha sempre ribadito che il super-vulcano «ha la sua inarrestabile naturale evoluzione e, prima o poi, tornerà a eruttare».
Resta dunque da capire quando. E, analogamente, quanto bisogna preoccuparsi fronte popolazione. «La dinamica dei Campi Flegrei è costantemente monitorata dalle reti di monitoraggio dell’Osservatorio Vesuviano, in stretto contatto con il Dipartimento della Protezione Civile» ha spiegato Mauro Di Vito, direttore dell'Osservatorio Vesuviano dell'INGV. «I parametri geofisici e geochimici analizzati, sia in pozzo che nelle emissioni idrotermali, indicano il perdurare della dinamica in corso, con sollevamento del suolo, che presenta nell'area di massima deformazione al Rione Terra una velocità media di circa 15 millimetri al mese dagli inizi del 2023, in lieve incremento negli ultimi giorni, e assenza di variazioni geochimiche significative nell’ultima settimana». Anche Di Vito ha sottolineato che, attualmente, non ci sono elementi che possano evoluzioni importanti del sistema sul breve: «Fermo restando che un'eventuale, futura variazione dei parametri monitorati, sismologici, geochimici e delle deformazioni del suolo, può comportare una diversa evoluzione degli scenari di pericolosità».
Pericolosità che, al di là della probabilità relativamente bassa di eruzione, si concentra semmai sulla tenuta degli edifici nell'area in cui si generano le scosse più forti in questa fase del bradisismo flegreo. Il 18 settembre scorso, in questo senso, il professore Giuseppe Di Natale, dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, già direttore dell'Osservatorio Vesuviano, ha trasmesso una vera e propria richiesta al prefetto di Napoli. Lo ha fatto, citiamo dal Corriere della Sera, «di fronte a un rischio imminente e a una evidente, fortissima preoccupazione dei cittadini e delle istituzioni». A preoccupare sono proprio gli effetti delle continue scosse, una quarantina al giorno in media, sulla tenuta degli edifici. Secondo gli studi condotti da Di Natale, le scosse nei Campi Flegrei sono destinate ad aumentare in futuro. Sia per numero sia per intensità.