L'editoriale

Luci e ombre di un accordo fragile e al ribasso

I conti del 2024, il tris PLR-Lega-Centro e i tagli senza compensazione – Come andrà a finire con una maggioranza poco convinta e convincente?
Gianni Righinetti
24.01.2024 06:00

Sul Preventivo 2024 e la relativa manovra finanziaria è stata raggiunta un’intesa a tre partiti: PLR, Centro e Lega. Lo chiamano accordo, ma vien da pigiare bruscamente sul freno di fronte all’uso un po’ facile di questo termine. Non per spirito di contraddizione, bensì per senso di responsabilità e di realtà. Allo stato attuale occorre mantenere una sana prudenza e i piedi ben piantati per terra. Iniziamo con il dire che la ripresa del dialogo tra le tre forze citate è rallegrante. È da aprile, immediatamente dopo le elezioni cantonali, che si attendeva dal trio del centrodestra governativo, la ripresa del dialogo che, la campagna elettorale e la stanchezza propositiva che sempre prende il sopravvento su tutto e tutti sul finire della legislatura, avevano letteralmente annullato. Parlarsi è bene, intendersi nei fatti (e non solo a parole) è ancora meglio. La resa dei conti ci sarà tra un paio di settimane, quando quanto elaborato e sottoscritto verrà sottoposto alla prova del Parlamento. Dalla tenuta dei patti messi nero su bianco e dalla lealtà al momento del voto dipenderà il prosieguo del tavolo con i tre attori. Un terzetto che, a conti fatti, detiene la maggioranza del legislativo con teorici 51 deputati su 90: al netto dell’influenza di stagione e di qualche impellente bisogno fisiologico al momento del voto. La solare medaglia dell’intesa ha però anche il suo rovescio e oggi, in attesa del giorno x, sono maggiori i dubbi che le certezze. In primo luogo perché quando si stipula un accordo tale è, mentre oggi ci troviamo di fronte alla strana formula «accordo, ma».

I tre gruppi parlamentari hanno deciso di cancellare la misura di risparmio del Governo sui sussidi di Cassa malati (16 milioni di franchi) e questa è a tutti gli effetti una vittoria della sinistra e di chi ha fatto pressing a suon di «stop ai tagli» dalla piazza, anche lo scorso week-end. Il PLR avrebbe gradito una riduzione, o taglio parziale, ma così non è stato al tavolo della trattativa e appare inverosimile che ora una sola forza politica si assuma l’onere di tanta impopolarità per fare cambiare idea a un Parlamento che mai accoglierà quel taglio governativo. Mantenuto, per contro, il contributo di solidarietà del 2% a carico dei dipendenti pubblici (sul reddito oltre i 60.000 franchi). Ma in questo caso il Centro tenterà con un emendamento di cancellare questa misura. Come d’altronde la Lega mira a risparmi maggiori sul fronte dei richiedenti asilo (il Ticino spenda solo quello che Berna versa), mentre c’è intesa sulla non sostituzione dei funzionari partenti nella misura del 20%, anche se c’è chi vorrebbe fissare l’asticella al 50%. Insomma, a conti fatti, con le decisioni condivise, il deficit per l’anno in corso sprofonda di 25-30 milioni a quota -120 o giù di lì. E sul tavolo ci sono proposte (vedasi contributo di solidarietà) in grado di peggiorare ulteriormente i conti pubblici.

E si osa chiamare questa incertezza e divisione degli obiettivi e degli intenti un accordo? Quando si firma qualcosa di condiviso non si aggiunge al «sì» un «ma» a caratteri cubitali, non si annunciano preventivamente degli emendamenti che hanno il sapore della prova di forza tra i partiti che costituiscono la maggioranza. E, soprattutto, diremmo addirittura in primo luogo, se tre delle quattro forze governative (il PS non fa apertamente mistero di essere al Governo con il compito dell’opposizione) credono nei propri rappresentanti eletti solo pochi mesi fa, non li smentiscono tanto crassamente per rincorrere la presunta popolarità che detiene chi si unisce al coro d’indignazione della piazza.

Ci può stare la limatura di una misura, la cancellazione di qualcosina, ma la responsabilità politica si vede anche dalla capacità di mantenere la rotta proponendo misure alternative di ugual portata. Perché l’esperienza insegna che rinviare una decisione non rappresenta mai una soluzione, semmai è l’ammissione di resa, di debolezza, di incapacità politica nel più compiuto senso del concetto insito in questa definizione. Semmai toccherebbe alle forze parlamentari che si ritengono responsabili fino in fondo, spiegare perché ritengono si possa deragliare nel 2024, assumendosi la responsabilità a porvi rimedio nel 2025. Ma non con vuoti intendimenti, triti e ritriti messaggi o presunte revisioni dei compiti che, noi comuni mortali, rischiamo di non vedere mai nel corso della nostra vita terrena. Quello raggiunto è un accordo fragile e al ribasso. Ma, almeno, laggiù in fondo al tunnel un lumicino c’è. Il Canton Ticino tra un paio di settimane avrà un preventivo approvato.

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