«A quattro anni dal Covid per alcuni non è ancora finita»

Una disciplina ancora poco conosciuta e utilizzata in Ticino (come nel resto del mondo). Anche se «costa relativamente poco» e può permettere «a chi ha malattie croniche respiratorie di evitare ricoveri» e problemi più grandi. Andrea Zanini, pneumologo e capoclinica in Riabilitazione polmonare alla Clinica di Riabilitazione dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC) di Novaggio, sa benissimo di essere uno specialista di una branca della medicina «che non è stata ancora sdoganata del tutto», ma è altresì cosciente dell’importanza che hanno avuto i pneumologi come lui, ad esempio, nella fase acuta del coronavirus. Ma anche oggi nei casi di pazienti che hanno avuto il Covid e magari questo inverno hanno preso l’influenza, si sono riscoperti più fragili a livello respiratorio e hanno dovuto affrontare un percorso di cura.
Il momento clou
Fortemente raccomandata per trattare le patologie croniche respiratorie, ma poco applicata nella vita di tutti i giorni. È insomma questa la strana esistenza di una riabilitazione che oggi in Ticino viene svolta a Novaggio, ma anche a livello ambulatoriale in altre sedi dell’EOC, come a Locarno, Lugano e Mendrisio. E permette a una buona fetta di persone di vivere una vita migliore.
Una strana esistenza che ha avuto sicuramente il suo momento clou durante la fase acuta della pandemia da coronavirus, quando «a Novaggio ricevevamo dai Covid Center di Locarno e Moncucco davvero tanti pazienti», rileva Zanini. «Molti di loro non esaurivano neppure il loro percorso a Novaggio ma dovevano proseguire la riabilitazione anche dopo il ricovero in Clinica», precisa il medico.
Che non fa mistero di come alcuni pazienti di allora siano ancora oggi trattati ambulatorialmente a causa di quanto hanno passato ormai quasi quattro anni fa, perché era il 2020 quando il Covid ha fatto ufficialmente la sua comparsa in Ticino con il primo paziente ricoverato alla Clinica Moncucco di Lugano. «Se le lesioni respiratorie non si risolvono possono infatti lasciare problematiche permanenti», annota.
Dal Covid all’influenza stagionale
Quattro anni dopo il Covid, per alcuni pazienti non è insomma ancora finita. Fanno parte di quella cerchia di persone che soffrono di quello che è stato chiamato Long Covid, ossia di quell’insieme di sintomi e patologie che non se ne sono andati anche molto tempo dopo aver preso il coronavirus. Zanini conferma. «Oggi vediamo anche pazienti che in passato, ma anche adesso, perché la malattia non è scomparsa, hanno fatto il Covid e magari in questi giorni hanno preso la classifica influenza stagionale».
A essere più colpiti sono soprattutto «pazienti con problematiche respiratorie», pazienti a cui la pandemia «ha modificato le risorse immunitarie». Una buona notizia comunque c’è. «I pazienti che soffrono di Long Covid e devono essere sottoposti a una riabilitazione respiratoria sono sempre meno», chiarisce il medico.
Le caratteristiche
Altrettanto certe sono inoltre due caratteristiche della riabilitazione respiratoria. La prima è che «tratta patologie un po’ complesse che non riguardano solo i polmoni ma necessitano di un intervento a 360 gradi». La seconda componente è una conseguenza della prima. Giacchè per affrontarla serve mettere in campo «un’attività multidisciplinare in cui convivono varie figure specialistiche, tra cui il fisioterapista, l’ergoterapista, il dietista, lo psicologo» e ovviamente il pneumologo.
Tutto questo perché «le patologie croniche portano generalmente a un progressivo peggioramento - prosegue Zanini - per cui il paziente necessita di vari trattamenti per ottimizzare il suo stato funzionale». Una delle attività più fondamentali della riabilitazione respiratoria fa rima con allenamento all’esercizio fisico. In quanto chi soffre di patologie croniche soffre anche di affanno. «Che può essere molto limitante, perché meno si fa, meno c’è affanno, ma meno si fa, più si peggiora lo stato funzionale».
Dagli esercizi alla psicologia
Ecco allora che entrano in gioco anche tutta una serie di attività. Come «gli esercizi di terapia toracica - spiega lo specialista - i pazienti con tosse e affanno hanno ad esempio bisogno di esercizi specifici per non andare incontro a infezione ricorrenti». Tanto più che generalmente sono anche pazienti «che hanno difficoltà ad avere aderenza a una terapia farmacologica e quindi si tratta di educarli anche ad autogestirsi da quel punto di vista». Allenamenti ed esercizi, ma non solo. Perché prioritario è anche «l’aspetto nutrizionale». Tanto più che ci «sono ripercussioni anche sulla dieta. Un anziano che sta ad esempio a letto per una settimana non si muove e il ritorno a casa può diventare problematico se non viene messa in piedi una fase di riabilitazione».
Non meno importante è inoltre l’aspetto psicologico. «Le persone con malattie respiratorie croniche - prosegue Zanini - tendono ad avere ansia e depressione. Non essere padroni del proprio respiro assume toni drammatici in alcune circostanze. Occorre dunque tenere conto di questa tendenza e mettere in atto i relativi correttivi attraverso il trattamento di uno specialista che può essere uno psicologo ma anche uno psichiatra».
Quel che è certo è che «non c’è un pacchetto standard per tutti», puntualizza l’esperto. «Ogni paziente viene valutato e si stabilisce un progetto il più possibile ritagliato sulle sue caratteristiche, esigenze e aspettative». Come infatti diceva un pneumologo di fama «la riabilitazione respiratoria può essere paragonata a un coltellino svizzero che offre molte opportunità e il compito del team di cura è quello di saper scegliere la funzione adeguata alle circostanze e al paziente».